Cassazione. mai fidarsi delle dichiarazioni del paziente
Il medico non deve fidarsi di quanto sostenuto in sede di
anamnesi dal paziente. In caso contrario, il suo operato potrebbe
essere giudicato non diligente. A stabilirlo è una sentenza
della Corte di Cassazione (Sezione III civile) del 12 settembre scorso.
"La Corte - spiega Riccardo Bucci, dottore in Diritto, in un
articolo pubblicato sul sito della Cgil medici - afferma che dal
momento in cui il paziente è in cura e il rapporto contrattuale
con la struttura ospedaliera si è instaurato, lo stesso non ha
più alcuna responsabilità in merito alle indicazioni che
fornisce alla struttura sanitaria in sede di anamnesi.
Nel caso specifico il paziente aveva denunciato un trauma
inguinale in sede di anamnesi. Le indagini si svolgevano di conseguenza
e i medici prescrivevano antidolorifici, non potendo immaginare, in
base alle dichiarazioni rese in modo non completo dal paziente, che
tale trauma avesse anche potuto causare una ferita nel quadricipite
femorale con introduzione nel muscolo di una scheggia di quattro cm".
"All'acuirsi dei dolori addominali, veniva nuovamente prescritto un
antidolorifico, valutando che i dolori potevano originarsi da
un'emorragia da trauma, confermata da due tac successive. Solo
posteriormente, quando l'aggravarsi della ipotizzata emorragia ha
costretto i medici ad un intervento chirurgico per rimuovere il liquido
in eccesso, gli stessi si sono resi conto che ciò che appariva
dalle tac non fossero sacche ematiche bensì purulente. Le
indicazioni iniziali del paziente hanno portato i medici a indagare in
maniera erronea, e la Corte afferma che tale errore consiste proprio
nell'aver riposto fiducia in quanto asserito in sede di anamnesi dal
paziente, integrando una mancanza palese di diligenza. Si configura
quindi, secondo la Corte, la responsabilità civile del medico
curante".
Il pronunciamento dei giudici ha già sollevato le proteste dei
camici bianchi. "L'applicazione del principio della Cassazione secondo
il quale il medico non deve fidarsi di quanto sostenuto in sede di
anamnesi dal paziente ma condurre tutti gli accertamenti possibili in
relazione alle evidenze dello stato psico-fisico del paziente - spiega
il segretario nazionale della Cgil medici Massimo Cozza - mina
l'appropriatezza dei percorsi diagnostici, costringendo i sanitari a
sottoporre i cittadini a un innumerevole numero di esami".
Secondo Cozza, questa sentenza è "un ulterione mattone che
completa il muro della medicina difensiva, per la quale sono stati
stimati oltre 10miliardi di sprechi di spesa sanitaria, a danno non
solo della serenità dell'operato dei medici, che sono giudicati
non diligenti se non prescrivono, ma degli stessi cittadini che si
devono sottoporre alle indagini diagnostiche".
La Cgil medici lancia un appello alle Istituzioni: "Chiediamo al
ministro della Salute Beatrice Lorenzin - di rompere ogni indugio e di
presentare subito una legge sulla responsabilità professionale
in sanità, in base al confronto avuto con le organizzazioni
sindacali mediche. Vanno definiti in modo completo tutti gli aspetti in
gioco, consentendo ai medici e agli operatori sanitari di operare
serenamente sulla base di norme eque, chiare e uniformi. Vanno
cioè stabilite regole a garanzia dell'uniformità di
trattamento dei cittadini e a tutela della professionalità dei
medici, troppo spesso esposti a denunce strumentali, alimentate da
poderose campagne pubblicitarie".
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