Caro Presidente,
Le scriviamo per segnalarle le ripetute omissioni sugli obblighi prescrittivi previsti dall’art. 50 del dpr 30/09/2003 n°269 regolamentato dalla Regione Calabria con delibera n° 21286 del 12/12/05.
In verità siamo rassegnati da tempo, coscienti che in Calabria l’assenza di controlli, verifiche o sanzioni, permetta ad alcuni di non tener conto di regole e norme.
Per mesi abbiamo utilizzato parte del nostro tempo continuando a trascrivere terapie prescritte da altri colleghi, costretti a svolgere una discreta attività di segreteria ben lontana da quella che dovrebbe essere la moderna Medicina Generale.
Al nostro sia pur minimo segno di protesta, sempre esercitata nei limiti di un civile confronto tra colleghi, siamo stati additati ai nostri pazienti come medici da revocare, comunque medici che non avevano alcuna considerazione del poco tempo e delle difficoltà dei colleghi.
Così,
tutte le Organizzazioni Sindacali a
meno della Fimmg hanno osservato il
massimo,
rispettoso, silenzio.
Il silenzio appunto, in Calabria fà parte del vissuto collettivo o se vogliamo di un archetipo che identifica nel colpevole non chi effettua una violazione ma bensì chi la denuncia.
A giusta ragione, riteniamo che sia proprio questo sistema omertoso tra le cause determinanti del progressivo scadimento della qualità dell’assistenza e più in generale della qualità della vita nella nostra regione.
Tutto questo sino a quando, per l’ennesima volta, a subire il danno è stata una persona inabile, non autosufficiente, quindi impossibilitata a raggiungere l’ambulatorio del suo medico e che ha dovuto pregare vicini, amici, comunque volontari per ottenere, la prescrizione omessa dai colleghi.
Nel caso specifico (non isolato) è evidente come il collega, in fase dimissioni, non abbia avuto alcuna considerazione per le precarie condizioni fisiche della paziente, né si sia posto il problema delle difficoltà che la stessa avrebbe avuto per la prosecuzione della terapia; un’ assenza di sensibilità per le sofferenze, la solitudine e il disagio che mal si adatta alla nostra professione.
Tutto questo ci ha determinati a formulare alcune considerazioni che poniamo alla Sua attenzione e a quella dei Consiglieri dell’Ordine.
Ancora oggi, nonostante tutto, riteniamo che sia indispensabile il dialogo e la collaborazione tra tutte le componenti mediche e che sia folle in un momento di grande difficoltà per l’intero comparto sanitario dividerci e non affrontare insieme i nostri problemi professionali e l’eccessivo carico burocratico, ma quale organo istituzionalmente se non l’Ordine può promuovere il dialogo ???
Possiamo noi come categoria non affrontare in maniera unitaria i problemi prioritari della Qualità delle cure erogate, del rapporto medico / paziente, della formazione, della corretta organizzazione della continuità delle cure tra ospedale e territorio? Abbiamo più che mai bisogno di formare un fronte comune tra specialisti e Medici di Medicina Generale, tra territorio e Ospedale, studiare insieme le soluzioni idonee da proporre ai politici per migliorare il nostro Sistema Sanitario. Abbiamo bisogno di costituire insieme un fronte unito esercitato tra pari, senza preconcetti, barricate o dietrologie.
Conosciamo con i fatti e non a parole la sua professionalità, il suo grande impegno e il sacrificio personale col quale svolge le funzioni di Presidente dell’Ordine, così come siamo convinti della determinazione e della serietà con cui tutto il Consiglio affronta il difficile compito del governo della categoria ma siamo più che mai convinti che spesso, quando situazioni apparentemente poco significative come quelle oggetto della nostra lettera, mettono a rischio il lavoro svolto in tanti anni siano necessarie e inderogabili scelte difficili e radicali.
Cosenza 12/06/2006
(Seguono 30 firme)