La Malattia Reumatica

 

La Malattia Reumatica rappresenta tutt’oggi un importante problema sanitario che investe in prima persona i Medici di assistenza primaria (MMG, Pediatri di Base e medici di Guardia Medica), sia per il ruolo indispensabile di queste figure professionali nella diagnosi, nel trattamento di questa malattia e delle sue complicanze (prime fra tutte le Glomerulonefriti e le valvulopatie della Cardiopatia reumatica cronica) sia per i meriti indubbiamente acquisiti sul campo nel corso degli anni per ridurre al minimo le temibili sequele della stessa.

E’ pur vero, come ebbe a dire L.Gordis nel 1984 su Circulation, che “molti dei medici più giovani non hanno mai visto un paziente con Malattia Reumatica”, per il progressivo e consistente calo dell’incidenza della malattia nei paesi dell’Occidente nel corso degli anni, ma lo stesso non può dirsi invece per il passato e, soprattutto, in questi anni, per l’andamento epidemiologico che la Malattia Reumatica continua a presentare nei paesi meno sviluppati e con sistemi sanitari meno efficienti. Quest’ultimo dato assume grande importanza per il medico di Assistenza Primaria italiano a causa dei consistenti flussi migratori di grosse fasce di popolazioni provenienti da nazioni in cui la malattia è ancora presente in percentuali significative e, pertanto, è una motivazione decisiva per non abbassare la guardia.

La Malattia Reumatica, che colpisce preferenzialmente i bambini tra i 5 ed i 15 anni di età, ha mostrato nei paesi dell’America del Nord e dell’Europa Occidentale un calo evidente di incidenza negli ultimi decenni (interrotto da sporadici e localizzati aumenti in comunità degli Stati Uniti), essendo questa passata (nelle statistiche USA) da 4300 casi per milione di bambini nel 1921 a 2000 casi per milione di bambini negli anni ’40 e ’50 per poi scendere addirittura a 5 casi per milione di bambini nel 1980, con una riduzione stimata del 4000% in 20 anni; attualmente, si stima che nei paesi dell’America del Nord e dell’Europa Occidentale l’incidenza sia di 2 casi su 100.000 bambini in età scolare.

Tale progressivo calo è stato tradizionalmente attribuito sia ad un miglioramento dei livelli standard di vita sia ad un atteggiamento più aggressivo dei medici di assistenza primaria nei confronti della faringotonsillite streptococcica che, pur costituendo solo uno dei moventi eziologici in una malattia plurifattoriale, ha però beneficamente e significativamente risentito dell’utilizzo estensivo della penicillina e di altri antibiotici utilizzati nel trattamento delle infezioni da streptococco beta-emolitico di gruppo A.

Tale massivo utilizzo dell’antibioticoterapia, però, ha determinato spesso ripetute e feroci critiche da parte di luminari della medicina e della ragioneria che hanno attribuito soprattutto al Medico di Medicina Generale, in conseguenza di tale atteggiamento prescrittivi, un aumento della spesa farmaceutica ed un utilizzo sconsiderato di farmaci senza l’esistenza di diagnosi precise ed attendibili e come presupposto per l’insorgenza di resistenze batteriche, dimenticando però, con la miopia tipica di chi si interessa di medicina solo a tavolino e con la calcolatrice in mano, l’enorme risparmio economico derivante dall’abbattimento dei costi sociali e sanitari conseguenti alla marcata riduzione delle valvulopatie reumatiche.

Giova a questo punto ricordare che i sintomi ed i segni delle faringotonsilliti da streptococco beta-emolitico di gruppo A sono aspecifici e, quasi sempre, simili a quelli delle faringotonsilliti virali e che una diagnosi più sicura può venire solo da specifici esami di laboratorio che non è possibile eseguire negli ambulatori di Medici e Pediatri di Base. Inoltre, purtroppo, in attesa che diventino di uso routinario ed estensibile i promettenti tests di ricerca di markers di rischio genetico quale il Fattore Alloantigenico 883+ presente sulla parete dei B-Linfociti (e che permetterebbe di individuare i soggetti che presentano un substrato genetico in grado di aumentare la suscettibilità alla Malattia reumatica ed alle sue complicanze) l’unico test di laboratorio affidabile rimane la coltura faringea che, tuttavia, rimane ancora un esame relativamente costoso da eseguire su strati molto ampi della popolazione, presenta una sensibilità dell’80-90% (e quindi un 10-20% di malati sfugge, vanificandone l’uso e l’utilità nelle persone che presentino una coltura negativa) e richiede un tempo morto tra il prelievo del materiale ed il risultato dell’esame che né il malato né il medico sono disposti ad aspettare.

E’ proprio per tale motivo e con lo scopo di ridurre al minimo le temibili complicanze cardiache della Malattia Reumatica che già dal 1950 l’American Heart Association raccomandava l’utilizzo della terapia penicillinica in tutte le faringotonsilliti, seppure consci del fatto che la lotta era indirizzata solo verso uno dei molti fattori che provocavano la stessa: ma, ciononostante, conferme autorevoli sono giunte negli anni a conferma di tale atteggiamento terapeutico. Basti fra tutte quella reperibile dai dati sanitari del Costa Rica, paese dove l’utilizzo intensivo della terapia antibiotica nelle faringotonsilliti nell’ambito di un piano nazionale di prevenzione primaria ha determinato una riduzione dell’87% dei casi di Malattia Reumatica nei bambini in età scolare.

L’atteggiamento terapeutico aggressivo nei confronti delle faringotonsilliti assunto dai MMG e dai Pediatri di Base, pertanto, sembra condivisibile e dettato non da incompetenza o da scarsa attenzione alla gestione finanziaria della sanità bensì dalla consapevolezza di lottare contro un nemico terribile ed insidioso. Ed è proprio grazie a tale impegno che in Italia si registrano tassi di incidenza della Malattia Reumatica tra i più bassi in Europa e che molti cardiologi, categoria alla quale appartiene chi scrive, da diversi anni, fortunatamente,  non annoverano tra i propri pazienti persone giovani con valvulopatie reumatiche.

Il dato è confortante soprattutto pensando al calvario che quotidianamente vivono invece persone di età più avanzata portatrici di valvulopatie conseguenti alla Malattia Reumatica ed al loro costo sociale e sanitario: controlli clinici e strumentali periodici e frequenti, terapie farmacologiche complesse e difficili da gestire (basti pensare alla terapia anticoagulante per via orale), interventi cardiochirurgici ad altissimo rischio e, spesso, con impianto di protesi valvolari causa di altri problemi, terapie riabilitative e sussidi sociali per inabilità o invalidità che gravano pesantemente sul bilancio dello Stato, pesanti limitazioni lavorative e sociali  (si pensi nello sport o nelle gravidanze nelle femmine ) ed una qualità di vita certo non invidiabile, con la morte sempre in agguato.

Questo dramma, invece, è tutt’ora palpabile in modo evidente in Asia, Africa, Medio Oriente ed America Latina, dove la Malattia Reumatica rappresenta un importante problema sanitario. Dati provenienti dall’O.M.S. e relativi agli anni dal 1986 al 1990 riferiscono, per esempio, un’incidenza della Malattia Reumatica e di Cardiopatia reumatica cronica nei bambini in età scolare del 13‰ circa nello Zambia, del 10‰ circa nel Sudan, dell’8‰ circa in Bolivia, con conseguenze facilmente immaginabili pensando alle condizioni di vita ed ai sistemi sanitari di questi paesi con grosse difficoltà economiche e socio-politiche.

Più in generale, una ulteriore complicazione nella prevenzione della Malattia Reumatica viene dalla già accennata multifattorialità dell’eziologia della stessa, dimostrata dal fatto che l’incidenza della Malattia Reumatica nei malati di faringotonsillite streptococcica è molto bassa, circa il 2-3%, e ciò lascia presupporre, oltre all’intervento di condizioni esterne legate al clima, alle abitudini di vita, alle condizioni igieniche e di affollamento, l’azione di un particolare substrato genetico in grado di determinare la risposta abnorme di alcuni soggetti nei confronti dell’infezione streptococcica e di causare le complicazioni della stessa. Infatti, studi eseguiti su popolazioni con alta incidenza di faringotonsilliti streptococciche hanno inconfutabilmente dimostrato che nei soggetti malati l’incidenza di Glomerulonefrite (che è una classica complicanza post-streptococcica) è sempre alta mentre è bassa quella di Malattia Reumatica, senza una stretta correlazione con l’andamento delle infezioni faringotonsillari. Questo andamento è in genere caratteristico proprio delle malattie che riconoscono una base genetica e nelle quali, pertanto, l’espressione della patologia nella popolazione generale è limitato dall’esistenza di un determinato numero di soggetti predisposti, numero che è relativamente costante proprio per il substrato genetico che lo determina.

In quest’ottica molte delle speranze di epidemiologi e clinici sono riposte nell’individuazione di marcatori genetici in grado di differenziare le persone con maggiore suscettibilità alla Malattia Reumatica: il più promettente di questi è il prima citato Fattore Alloantigenico 883+  presente sui B-Linfociti che, qualora si rendessero facilmente disponibili tests di facile esecuzione per l’individuazione o meno della sua presenza, darebbe una svolta a tutti i programmi di prevenzione primaria della Malattia Reumatica.

Nell’attesa che questi affidabili mezzi diagnostici diventino strategie di routine e nella consapevolezza che la bonifica di tutti i focolai di Streptococco beta-emolitico di Gruppo A è impresa ardua e pressocchè impossibile, risulta evidente che la prevenzione primaria deve continuare a basarsi su due caposaldi: evitare il concentramento di soggetti infetti (e di quelli geneticamente predisposti qualora fossero individuabili) e trattamento delle faringotonsilliti con penicillina o con altri antibiotici dimostratisi altrettanto efficaci.

Dott. Marcello Pugliese - Medico di Medicina Generale - Donnici Inferiore (CS) - marcello.pugliese@libero.it

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