PLURIPRESCRIZIONE
E’ in vigore dal 26 giugno la Riforma PA e, quindi, anche la
norma che prevede, per le patologie croniche, la possibilità per il
medico di prescrivere medicinali fino a un massimo di 6 pezzi per
ricetta, purché si tratti di farmaci già utilizzati dal paziente da
almeno 6 mesi e, comunque, per una durata della prescrizione non
superiore ai 180 giorni di terapia, cioè 6 mesi.
Una
norma che ha sicuramente alcuni risvolti positivi, ammettono anche i
medici. A partire dall’evitare al paziente di dovere recarsi ripetute
volte all’anno dal medico per farsi prescrivere sempre gli stessi
farmaci. Una comodità, inoltre, per chi i malati cronici che vogliono
viaggiare e restare all’estero anche per lunghi periodi di tempo. Ma
“l’autonomia farmacologica” potrebbe anche favorire l’aderenza
terapeutica, riducendo i rischi del paziente di rimanere sfornito dei
farmaci. Tuttavia, l’accoglienza dei medici alla nuova normativa non è
stata positiva, per motivi tecnici ma anche medici.
Tanto
per cominciare, gli attuali software dei medici per prescrivere i
farmaci non prevedono la possibilità di inserire un numero di confezioni
superiore alle tre attualmente stabilite dalla legge. “Sembrerebbe che i
gestori dei software in uso negli studi dei medici di famiglia della
Lombardia non siano neanche stati informati della novità. Intanto la
legge è già in vigore”, denuncia Fiorenzo Corti, segretario regionale
Fimmg Lombardia.
E
ai problemi tecnici, diffusi anche nelle altre regioni, si aggiungono
“criticità sotto il profilo medico”, sottolinea Pier Luigi Bartoletti,
segretario regionale Fimmg Lazio. “Sono molto preoccupato per le
conseguenze sulla salute e sul rapporto medico-paziente della nuova
norma, che dal punto di vista politico rappresenta sicuramente una
semplificazione, ma dal punto di vista medico nasconde non poche
insidie”. Bartoletti teme soprattutto che “l’autonomia farmacologica”
spinga il paziente a recarsi dal medico solo una volta ogni 6 mesi. "Ma i
medici hanno bisogno di verificare come procede la terapia e ci sono
patologie, come il diabete, che richiedono intervalli di controllo di 4
mesi al massimo. E proprio la necessità di avere una prescrizione medica
rappresenta spesso l’occasione per incontrare il paziente fare i
controlli, che altrimenti molti pazienti tendono a posticipare pensando
che uno o due mesi dopo non facciano la differenza”. Per il segretario
Fimmg Lazio “6 mesi è un intervallo di tempo davvero troppo eccessivo
per assicurare il corretto monitoraggio della salute del paziente”.
È
vero che la normativa non comporta alcun obbligo per il medico di
prescrivere 6 confezioni contemporaneamente, ma secondo Bartoletti molti
pazienti, per comodità, potrebbero richiederlo e non accettare
l’eventuale rifiuto del medico, anche se a scopo di tutelare la loro
salute. “In questo modo la nuova normativa rischia anche di minare il
rapporto medico-paziente, su un tema – le prescrizioni – che già oggi è
spesso terreno di scontro”.
D’altra parte,
secondo il segretario della Fimmg, non tutti i pazienti potrebbero
gradire la “mega-prescrizione”, perché “comporta il pagamento di un
importo considerevole di ticket in un’unica rata”. Ultimo, “ma non meno
importante”, la nuova normativa rischia, secondo Bartoletti, di
“favorire lo spreco di farmaci, non solo in caso di decesso del
paziente, ma anche perché il paziente può avere bisogno di interrompere
la terapia o sostituirla. Il risultato? Tre, quattro, cinque confezioni
di farmaci che finiranno dritte nel cestino o invecchieranno,
inutilizzate, nei cassetti”.
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