Attività sportiva non agonistica e amatoriale


I criteri di certificazione dell’idoneità dei pazienti

A cura di: Paolo Spriano – MMG Milano

Il Decreto che disciplinava le certificazioni per l’attività sportiva e amatoriale del 24 aprile 2013 del Ministro della Salute (pubblicato in G.U. 169 del 20 luglio 2013)1 è stato soppresso nel testo definitivo della Legge di conversione del “Decreto del Fare all’Art. 42-bis. – (Ulteriore soppressione di certificazione sanitaria)” con l’obiettivo di promuovere l’attività sportiva senza oneri aggiuntivi da parte dei pazienti e non gravare sul sistema sanitario per accertamenti e certificazioni. Rimane comunque l’obbligo della certificazione per l’attività sportiva non agonistica ed è stato identificato come soggetto certificatore il medico che ha in cura il paziente, ossia il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta.

Quindi è confermato nessun obbligo di certificazione per l’idoneità all’attività amatoriale, tipologia che fà riferimento ad un’attivita' ludico-motoria praticata da soggetti non tesserati a Federazioni sportive o Enti riconosciuti dal CONI, caratterizzata dall’essere individuale o collettiva, ricreativa, occasionale o non occasionale, finalizzata al raggiungimento e mantenimento del benessere psico-fisico della persona. Non esiste alcun obbligo di certificazione anche per chi pratica l’attivita' ludico-motoria in contesti organizzati e autorizzati.

Mentre l’attività sportiva non agonistica è riferibile a quella praticata da:

L’obbligo di certificazione vale per tutti i praticanti questo tipo di attività sportive non agonistiche che dovranno sottoporsi a controllo medico annuale. L’idoneità viene rilasciata dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, relativamente ai propri assistiti. Per il certificato è obbligatoria la visita con valutazione clinicoanamnestica. Eventuali accertamenti o consulenze di secondo livello utili al rilascio dell’idoneità sono demandate al giudizio clinico del medico certificatore. La periodicità della certificazione è annuale.

Quindi il medico certificatore rimane il medico curante, al quale viene lasciata la responsabilità di applicare o meno criteri di stratificazione del rischio in una popolazione generale per il rilascio dell’idoneità alla pratica di attività non agonistica. Argomento estremamente complesso anche per medici esperti e ritornato recentemente alla ribalta dopo alcuni episodi di morte cardiaca improvvisa (SCD) in giovani atleti agonisti. Questi eventi sono rari, anche se ad impatto emotivamente devastante sull’opinione pubblica e sui medici, sia per la loro imprevedibilità che per la drammaticità dell’esito. Infatti, in caso di arresto cardiaco in atleti e non atleti al di fuori dall’ospedale, il tasso di mortalità rimane alto (70-95%)1 e, negli atleti che praticano sport agonistico, la percentuale di mortalità è 5 volte più elevata nei maschi che nelle femmine (7.47 vs 1.33 x milione di atleti/anno)2, ma comunque rara. Questo significa che per un test con una specificità e una sensibilità del 99%, data la bassa prevalenza della SCD, solo 1 su 2000 esami sarebbe un vero positivo contro 1999 falsi positivi. Scenario complesso a basso indice di specificità che ha stimolato nuovi studi in medicina della sport su test di screening più efficienti (es. RM cardiaca) nel individuare i soggetti ad alto rischio basati su criteri generati dall’evidenza scientifica e costo-efficaci1. La legge ha evitato di traslare dal mondo agonistico ad una popolazione generale criteri restrittivi per il rilascio dell’idoneità, lasciando libero il soggetto che desidera fare attività motoria di praticarla e, solo in particolari condizioni, vincolato al giudizio del proprio medico curante.
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