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Sentenza 559/93

 

 

Juris data
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Documento n. 1 di 1
 

SANITÀ PUBBLICA Unità sanitarie locali personale convenzioni

Sanità pubblica - Unità sanitarie locali - Personale - Convenzioni - Somme indebitamente ricevute in buona fede da medici convenzionati con una USL - Principio dell'irripetibilità operante per il dipendente pubblico - Estensione - Condizione.

Cassazione civile, Sezione Lavoro, 18 gennaio 1993, n° 559

 

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott.    Diego             BENANTI                     Presidente
"      Mario            DE ROSA                    Consigliere
"      Alessandro       PAOLUCCI                         "
"      Michele          DE LUCA                    Rel. "
"      Stefano Maria    EVANGELISTA                      "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
UNITÀ SANITARIA LOCALE n.  39  di  Bronte, in persona  del legale
rappresentante pro  tempore,  elettivamente domiciliata  presso  la
Cancelleria  della Corte  di  Cassazione, rappresentata  e   difesa
dall'avv.to G. Ciranna, giusta delega a margine del ricorso.
Ricorrente
contro
LUCA SALVATORE
Intimato
e sul II ricorso n. 383-91 R.G. proposto da:
LUCA SALVATORE, elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della
Corte  di  Cassazione, rappresentato  e  difeso   dall'avv.to   P.
Maccarrone, giusta delega  a margine  del controricorso  e ricorso
incidentale.
Controricorrente e ricorrente incidentale
contro
UNITÀ SANITARIA LOCALE n.  39  di  Bronte, in persona  del legale
rappresentante pro  tempore,  elettivamente domiciliata  presso  la
Cancelleria  della Corte  di  Cassazione, rappresentata  e   difesa
dall'avv.to G. Ciranna, giusta procura in atti.
Controricorrente al ricorso incidentale
per l'annullamento della  sentenza  del Tribunale  di  Catania del
26-6-90 - 9-7-90 R.G. n. 5893-89;
udita la relazione della causa svolta nella  pubblica  udienza del
13-5-92 dal Consigliere Relatore Dott. De Luca;
udito il P.M., in persona del Sostituto  Procuratore Generale Dott.
Lupi che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e  il
rigetto dell'incidentale.

Fatto

Con la sentenza ora denunciata, il Tribunale di Catania - in riforma della sentenza del Pretore di Bronte - accoglieva l'opposizione dell'Unità Sanitaria Locale (USL) n. 39 di Bronte al decreto ingiuntivo del Pretore, per il pagamento - in favore dell'attuale resistente (e ricorrente incidentale), medico convenzionato addetto al servizio di guardia (c.d. guardista) - di quanto, asseritamente, dovuto (dal dicembre 1988) a titolo di quote mensili di carovita - attribuite a quel personale (dall'art. 17 del relativo accordo collettivo, reso esecutivo con d.p.r. 292-87) e determinate in linea con i criteri di cui alla l. 38-86 ed all'art. 16 d.p.r. 16-86 - in base al rilievo che, in sede di prima applicazione, la disposizione istitutiva delle quote di carovita in questione (art. 17 d.p.r. 292-87, cit.) non ne prevede la commisurazione all'importo (di L. 684.189) - stabilito dalla legge richiamata (l. 38-86) per l'indennità di contingenza nel settore industriale - mentre, il rinvio di detta disposizione alla stessa legge (n. 38-86, appunto) - nonché all'art. 16 del d.p.r. 16-86 - "appare diretto soltanto ad estender(ne), al calcolo delle quote mensili di carovita, il medesimo meccanismo di determinazione".
Contestualmente il Tribunale negava, tuttavia, il diritto della stessa Unità Sanitaria locale a ripetere gli importi - indebitamente già corrisposti a titolo di quote di carovita - in applicazione del "principio generale secondo cui l'ente pubblico non può ripetere quanto corrisposto ai propri dipendenti spontaneamente e da essi riscosso senza dolo" - trovando il principio stesso applicazione anche al dedotto rapporto di parasubordinazione - e, peraltro, in base al rilievo che "non può la pubblica amministrazione chiedere la restituzione di somme pagate in forza di saldi amministrativi fino a quando non abbia provveduto al loro annullamento, avvalendosi del proprio potere di autotutela.
La compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio, infine, veniva dal tribunale stabilita per "giusti motivi, in considerazione della particolare problematicità ed opinabilità delle questioni dibattute".
Avverso la sentenza d'appello, l'Unità sanitaria locale n. 39 di Bronte propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi ed illustrato da memoria.
L'intimato resiste con controricorso e propone, contestualmente, ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo, al quale resiste l'USL con controricorso.

Diritto

1. - Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso incidentale a quello principale, in quanto proposti, separatamente, contro la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
2. - Con il primo motivo del ricorso principale - denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2033 c.c. (in relazione all'art. 17 d.p.r. 292-87) nonché vizio di motivazione (art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.) - l'Unità Sanitaria Locale n. 39 di Bronte censura la sentenza impugnata per avere rigettato la propria domanda di ripetizione di somme - indebitamente corrisposte, a titolo di quote di carovita, a medico convenzionato addetto al servizio di guardia medica (c.d. guardisti) - sebbene il principio generale invocato escluda, bensì, la ripetibilità degli importi indebitamente corrisposti da ente pubblico ai propri dipendenti - e non già a lavoratori "parasubordinati" (quali, appunto, i medici convenzionati") - e, peraltro, postula, da un lato, la buona fede dell'accipiens e, dall'altro, la "utilizzazione dell'indebito per il soddisfacimento dei primari bisogni di vita" del medesimo, requisiti che non ricorrono nella dedotta fattispecie.
Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere compensato tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.
Con l'unico motivo del ricorso incidentale - denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 17 del d.p.r. 292-87 e della l. 38-86 nonché vizio di motivazione (art. 360, n. 3 e 5 c.p.c.) - si censura la sentenza impugnata per avere negato che, in sede di prima applicazione, la quota mensile di carovita (istituita dall'art. 17 d.p.r. 292-87) - in favore di medici convenzionati addetti al servizio di guardia medica (c.d. guardisti) - sia commisurata all'importo (di L. 684.189), stabilito (dalla richiamata l. 38(86) per l'indennità di contingenza nel settore industriale.
3. - Precede nella trattazione - per il suo carattere logicamente pregiudiziale - il ricorso incidentale, che - disattendendo l'eccezione sollevata dalla Unità sanitaria locale (USL) resistente - va, bensì, dichiarato ammissibile - sebbene sia "tardivo" ed "autonomo" (in tal senso, v. Cass. sez. un. civ. 4640-89, 2331-91, e la giurisprudenza conforme delle sezioni semplici di questa Corte) - ma va, tuttavia, rigettato, perché infondato.
Questa Corte, infatti, ha già avuto occasione di enunciare - ripetutamente e costantemente (vedine, per tutte le sentenze 3463-91, 7561-91 ed altre, anche in corso di pubblicazione) - il principio di diritto seguente: "La normativa - richiamata dall'art. 17 dell'Accordo collettivo reso esecutivo con d.p.r. 8 giugno 1987 n. 292, in sede di disciplina dell'istituto delle quote di carovita, per la prima volta applicato al personale di guardia medica (legge 26 febbraio 1986, n. 38 e d.p.r. 1 febbraio 1986, n. 13) - non comporta, di per sè, attribuzione - in favore dei lavoratori addetti a settori contrattuali nei quali, anteriormente ad essa, non erano previsti meccanismi di indicizzazione della retribuzione (quale, appunto, il personale di guardia medica: n.d.e.) - di somme - siano esse determinate nella cifra fissa di L. 684.189, prevista per il settore industriale, ovvero in quella corrispondente ai valori in atto presso altri settori - suscettibili di successivo adeguamento in sede di prima applicazione dei rinnovati criteri di computo dell'indicizzazione stessa, introdotti dalla normativa medesima; escludendosi, altresì, che un risultato siffatto - precluso dalla normativa richiamata - possa ritenersi conseguibile per effetto specifico della menzionata fonte collettiva richiamante" (massimo estratta da Cass. 7561-91, cit.).
La sentenza impugnata si è uniformata al principio di diritto enunciato - che questa Corte non ha motivo per non confermare - e non merita, quindi, le censure, che le vengono mosse con il ricorso incidentale, che è, pertanto, infondato.
Fondato - per quanto di ragione - è, invece, il primo motivo del ricorso principale (v. Cass. 3246-92) e l'accoglimento, che ne consegue, assorbe il secondo motivo dello stesso ricorso.
4. - La "ratio decidendi", sottesa al "principio giurisprudenziale" di irripetibilità delle somme, indebitamente percepite in buona fede dal dipendente pubblico a titolo di retribuzione, riposa essenzialmente - secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (vedine, per tutte, le sentenze 57, 321, 877-90, 829-88, 545-87, 549-86, della IV sezione) - sul pericolo che una drastica ed improvvisa riduzione dell'importo stipendiale finora percepito possa compromettere, in modo irreparabile, le normali esigenze di vita del dipendente stesso e del suo nucleo familiare.
Invero la ricordata giurisprudenza non ha mai affermato che le somme, percepite dal pubblico dipendente in buona fede, sono irripetibili qualunque ne sia l'importo, l'incidenza sulla sfera patrimoniale dell'interessato nonché il tempo trascorso tra indebita erogazione e recupero, ma si è piuttosto preoccupata di evitare - nel pubblico interesse a che il dipendente ricavi dal lavoro i mezzi finanziari adeguati alle proprie esigenze di vita (art. 36 cost.) - che le modalità di ripetizione siano tali da compromettere le esigenze, primarie dell'esistenza (v. Cons. Stato, IV sez., 57-90, cit., 549-86, cit., 356 e 538-85).
Coerentemente, l'indagine sull'elemento soggettivo della buona fede e dell'affidamento sulla legittimità del pagamento assume - secondo la stessa giurisprudenza - rilievo meramente subordinato rispetto all'indagine preliminare, volta ad accertare se dal provvedimento di ripetizione il dipendente subirebbe un danno economico grave ed irreparabile, in presenza del quale, soltanto, potrebbe considerarsi illegittimo il provvedimento di ripetizione dell'indebito (v. Cons. Stato, V. sez., 85-88).
Analoga pare, tuttavia, la "ratio legis" sottesa ad alcune disposizioni (art. 207 d.p.r. 1092-73, 52 l. 88-89), che prevedono la irripetibilità - alle condizioni stabilite contestualmente - di somme indebitamente percette a titolo di pensione.
Può ritenersi, pertanto, espressione di un principio generale dell'ordinamento, la irripetibilità di compensi, indebitamente percepiti in buona fede da sanitari convenzionati con unità sanitarie locali - siccome è stato, talora, ritenuto (v. Cass. 3246-92, cit.; Cons. Stato, V sez. 465-86; corte cost. 6-88, in motivazione) - sia pure negli stessi limiti che, per quanto si è detto, sono stabiliti con riferimento ai dipendenti pubblici.
La garanzia di fondamentali esigenze di vita - che ne risulta - non pare, infatti, esigenza esclusiva dei pensionati e dei dipendenti pubblici - per i quali l'irripetibilità dell'indebito è prevista dalla legge (art. 207 d.p.r. 1092-73, 52 l. 88-89 cit.) e, rispettivamente, da una risalente giurisprudenza del Consiglio di Stato - ma può ritenersi comune, quantomeno, ai lavoratori parasubordinati, quali, appunto, i sanitari a regime convenzionale (in tal senso, vedi, Cass., sez. un. civ., 12033, 12022, 11720, 8420-90).
È ben vero, infatti, che ai lavoratori parasubordinati non si applica - secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze 7543-90, 3532-90, 1245-89, 3400-87, 7497-86) - la norma costituzionale (art. 36, primo comma), che garantisce "proporzionalità" e "sufficienza" della retribuzione.
Nè pari (costituzionalmente o legalmente) garantita la salvaguardia - dall'inflazione - dei compensi dovuti agli stessi lavoratori parasubordinati (v. Cass. 3719-86, 1606-88).
Questi risultano, tuttavia, assimilati ai lavoratori subordinati ed ai titolari di crediti previdenziali, quantomeno, dalla comune soggezione (v. Cass. 7220-87, 5607-84) alla norma (art. 429, in relazione agli art. 409 e 442, c.p.c., quale si legge dopo Corte cost. 156-91), che - nel prevedere l'automatica rivalutazione monetaria di quei crediti, in caso di soddisfazione tardiva - assume a parametro le "esigenze di vita" dei lavoratori (vedi Corte cost. 156-91, cit.).
Sono, dunque, quelle stesse "esigenze di vita", che intende garantire - per quanto si è detto - il principio di irripetibilità dell'indebito, di cui si discute.
Ne risulta, quindi, giustificata (invero "ubi eadm ratio, ibi eadem legis dispositio") l'estensione del medesimo principio ai lavoratori parasubordinati (quali, appunto, i medici "convenzionati" con unità sanitarie locali: v. Cass. 3246-92, cit.).
Con riferimento, tuttavia, al lavoro parasubordinato - che si concreti, come nella specie, in attività professionale prestata a favore di enti pubblici (in relazione ai quali, soltanto, pare estensibile il ricordato principio) - l'attitudine della ripetizione di indebito - a compromettere le "esigenze di vita" del lavoratore - deve essere valutata in relazione non solo al trattamento economico complessivo (v. Cons. Stato, Sez. IV, 57-90, cit.) - erogatogli dallo stesso ente pubblico (quale, nella specie, l'unità sanitaria locale ricorrente) - ma anche a tutti gli altri proventi dell'attività professionale.
Siffatto accertamento - pretermesso dal Tribunale - va demandato, quindi, al giudice di rinvio, previa cassazione dell'impugnata sentenza.
Ne risulta assorbito l'altro profilo di censura - concernente l'indagine sulla buona fede del percipiens - trattandosi di indagine che assume - per quanto si è detto - rilievo subordinato rispetto all'accertamento, nella specie, pretermesso.
Il secondo motivo del ricorso, come si è detto, è assorbito perché investe il regolamento delle spese, che viene travolto dalla cassazione - sia pure parziale - della sentenza impugnata.
5. - Pertanto - mentre va rigettato il ricorso incidentale - in accoglimento, per quanto di ragione, del primo motivo - che assorbe il secondo motivo - del ricorso principale, la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio ad altro giudice d'appello, designato in dispositivo, perché proceda al riesame della controversia - uniformandosi al principio di diritto enunciato - e provveda, contestualmente, al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione (art. 385, co. 3 , c.p.c.).

P.Q.M

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, per quanto di ragione; dichiara assorbito il secondo motivo dello stesso ricorso; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Siracusa, che provvedera anche al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 1992.

 

 

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